ARGO

Quando sbarcò sulla spiaggia nessuno lo riconobbe. Gli stracci come abbigliamento e vent’anni trascorsi in viaggi e battaglie a scavargli il volto lo avevano reso irriconoscibile anche a suo padre. Protetto da questo anonimato e ansioso di consumare l’articolata vendetta che aveva progettato, si recò verso il paese certo che nessuno lo avrebbe notato. Poteva ingannare chiunque, ma non il suo amico fedele. Vecchio, sporco e ridotto a informe sacchetto spigoloso, lo aspettava con cieca fiducia sin dal giorno della sua partenza. Fu così che, avvicinandosi al suo obiettivo, lo trovò accucciato in una pozza di letame nel deposito retrostante alla sua antica dimora. Era irriconoscibile, al pari suo, ma non ebbe dubbi quando incrociò il suo sguardo che, sebbene gli occhi fossero ormai velati di un bianco traslucido, brillava di inconfondibile dolcezza.

  • “Amico mio, sei vivo! Chi ti ha abbandonato qua, pieno di zecche, in mezzo agli escrementi? Perdonami per averti lasciato in balia della cattiveria di questi usurpatori. È vero, sono partito, ho dovuto, ma non ti ho dimenticato e mai avrei creduto di rivederti dopo così tanto tempo. Ora sono tornato e tu, primo ed unico, mi hai riconosciuto parlandomi, come facevi un tempo, con la tua instancabile coda. Sei ancora qua, ma adesso non agitarti, stai tranquillo, lo vedo che ormai non riesci più ad alzarti. Mi avvicino io a te. Se ricordo come correvi un tempo, mi sembra impossibile ritrovarti strisciante e raccolto in questo scomposto ammasso di ossa sporgenti. Piccolo amico mio, che tristezza vederti così, ma non importa, per me sei sempre uguale. Sei l’amico attento che ha vigilato, giorno dopo giorno, per difendere la famiglia e la nostra casa; sei gli occhi vigili che seguivano ogni mio passo e sei ancora il rumore festoso dei nostri incontri dopo ogni, anche piccola, separazione. Ti ho ritrovato finalmente. Vieni qua mio piccolo amico sincero, adesso non me andrò più, appoggiati vicino a me . . . e chiudi gli occhi, fidati di me, arriverà Chere a prenderti, ma non aver paura di lei, sarà la stessa dea che un giorno ci farà rincontrare”.

Argo, cercandolo con gli occhi, con le forze residue accostò il muso alle mani del suo padrone e, poco alla volta, spense i movimenti della sua coda. Morì sereno compiendo il suo naturale voto di fedeltà. Questo voleva e null’altro in cambio. Ma, senza saperlo, riuscì in un’impresa che a nessun umano era stata possibile. Fu, infatti, quello il giorno in cui anche il grande Ulisse, per la prima e ultima volta in vita sua, versò una lacrima.

[ Diego C. de la Vega ]

 

 

 

 

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