A SPASSO CON DAISY? NO,CON MAZZEI!

(vero racconto onirico)
È un tranquillo pomeriggio casalingo, anonimo, quasi noioso. Nel silenzio della cucina, colto da estasi mistica, mi appresto al sacro rito postprandiale del caffè preparato con un’ortodossa napoletana. All’improvviso vengo riportato nella modernità dalla fastidiosa suoneria “Piano-Riff” del mio, poco pertenopeo, iPhone. Il risveglio è brusco, imprecando tradizionalmente come un turco rovescio ovunque l’acqua e il caffè che stavo soppesando con cura da narcos colombiano. Rispondo al telefono e, all’altro capo, si materializza una voce che ripete più volte:

– piazza Tommaseo… piazza Tommaseo…
-come? non sento? chi parla? – chiedo io,
– piazza Tommaseo – click.
– ma chi parla? pronto, pronto! – il misterioso interlocutore ha riattaccato. Chi sarà? Un disturbatore che si diverte a fare scherzi telefonici? Perchè ha chiamato me, cosa vorrà? Curioso, e con questi interrogativi in corpo, mi dirigo immediatamente nella suddetta piazza che si trova a pochi passi da casa mia. Piazza Tommaseo ha un aspetto anomalo rispetto all’arredo urbano della città, ha un’aria vagamente sudamericana, però quel sudamerica europeizzato, di tipo argentino, non a caso si trova in fondo a corso Buenos Aires e, al centro della stessa, vi svetta l’autoritaria statua del General Belgrano. Con passo gaucho attraverso la strada e, svoltato l’angolo, accade l’imprevisto. Una visione! Attenzione, non sto parlando di statuette che piangono sangue di pollo o, peggio, vino che si ritrasforma in acqua. No, niente di tutto ciò. L’apparizione gaudente, che impressiona le mie retine, è molto più. Davanti a una trattoria di farinata [tipica ricetta locale nda] si materializza il Mazzei in carne e ossa! [vedi foto] Si, incredibile, proprio lui non più l’immobile  e silenziosa icona del suo profilo facebook bensì il vero, autentico, analogico e tridimensionale Michael Mazzei!
Sono felice di poterlo toccare, lo abbraccio come una reliquia e lui, senza darmi tempo di parlare, inizia a spiegarmi sottovoce qualcosa che non vuole rendere pubblico:
– Zorro, la vedi questa trattoria – dice con fare misterioso – qua fanno la farinata con una ricetta non tradizionale, i proprietari sono una famiglia di sardi. Si mormora che la comprino altrove per il pranzo e poi a cena te la rivendono riscaldata…
– Mazzei è gravissimo questo fatto, è come se andassimo a vendere i malloreddus campidanesi surgelati nella loro terra,
– capisci ora il concetto di reciprocità? É come quando quelli lì vogliono aprire una moschea qua e quelli là non possono aprire una chiesa lì che poi, a me, non frega nulla a dire il vero…
– Bellissimo il parallelo moschea/malloreddus contro chiesa/farinata, ma… ma… dimmi un po’ Mazzei, la Rivoluzione?
– Quella ho capito anni e anni fa che era una cosa “da leggere”… – mi risponde sussurrando con astuta levità. Splendido il Mazzei, pochi secondi che siamo insieme e già mi sento più colto anche se non ho capito nulla. Io il Mazzei l’ho conosciuto meglio solo nel 1990 e, con lui, ho visto davvero cose che voi umani non potreste immaginare. Da subito compresi che era una persona con il crisma della saggezza, in particolare quando affrontammo un serrato confronto sulla questione della Fede. Sapevamo che eravamo, per così dire, limitrofi e affini. Sulla transustanziazione dei tartufi ed il loro consumo smodato concordavamo totalmente, ci separava con violenza solo un dogma, tuttora insormontabile: lui odia i monovitigni mentre io detesto gli uvaggi. Da allora evitiamo accuratamente di parlare di questo argomento. In ogni caso sono felice di rivederlo, lo trovo in forma perfetta, ha il passo svelto e sicuro di sempre. Mi spiega che stava per fare l’errore di comprare quelle scarpe ipertecnologiche per cui, facendoti perdere continuamente l’equilibrio, ti costringono a fare un’involontaria ginnastica. Lo trattenne l’aver osservato un’andatura imbarazzante di un suo coetaneo (non voglio fare nomi) che le indossava e, forse, anche il costo. Verifichiamo, in una vetrina, che in un anno il prezzo è sceso di cento euro. Il Mazzei ci aveva visto giusto. Che pomeriggio fantastico. Proseguiamo nella promenade au boulevard raccontandoci, come facciamo sempre, i vari pettegolezzi demoplutogiudaicomassonici di cui siamo recirpocamente a conoscenza e che, molto spesso, inventiamo estemporaneamente per esercizio intellettivo e per vedere se uno si accorge dell’invenzione dell’altro. Le fake news ci fanno un baffo. In questo campo rimane maestro insuperabile d’improvvisazione, no lo raggiungerò mai. Così facendo ci ritroviamo davanti a una libreria, la sua preferita. Mi fa un cenno con la testa e, dallo sguardo, capisco che dobbiamo entrare, non faccio domande e lo assecondo in silenzio. Il Mazzei si avvicina alla cassa e, con aria losca, chiede a un commesso:
– C’è il grassone? – gli prendo un braccio e lo porto verso gli scaffali,
– Mazzei, ma cosa dici? Vuoi farci cacciare?
– Tranquillo so cosa dico… qua sanno chi sono, piuttosto guarda questo libro, lo conosci?
– È inguardabile – rispondo io provocatoriamente, sapendo bene che avrei dovuto dire “è illeggibile”,
– e questo, te gusta?
– Nemmeno questo, a me ultimamente piacciono solo libri che trattano di programmazione neuro linguistica o, in alternativa, di astrologia,
– Zorro non ti piacciono i romanzi?
– Mazzei,credo che l’umanità esisterebbe serenamente anche se non avessero scritto Guerra e Pace, lo sai che posso elencarti in 20 secondi tutti i titoli dei romanzi che ho letto!
– Comunque, io non leggo i russi – risponde lui driblandomi – e nemmeno i francesi, leggo solo gli americani.
– Non ne dubitavo ma, dimmi la verità, ti piacciono davvero?
La domanda cade nel vuoto, tanto lo so come la pensa. Ci separiamo, lui rimane davanti ai suoi scaffali preferiti mentre io scivolo sul lato della saggistica. Ci ritroviamo alla cassa pochi minuti dopo; ci scambiamo dei doni. Lui mi da un libro di Joe R. Lansdale, Bad Chili, nuovo episodio della serie Hap e Leonard, io ho scelto per lui una raccolta di citazioni proto-socialiste di Giuseppe Garibaldi, ne farà buon uso.
Percorriamo l’ultimo tratto di strada, verso la fermata dell’autobus, parlando in maniera fitta di Franz Kafka e delle sue relazioni con il calcio mercato di gennaio. Arriva il bus, ci abbracciamo:
– Au-révoir Zorro.
– conservati bene Mazzei, mi raccomando.
Torno a casa, arricchito da nuovi concetti, il tempo con il Mazzei passa sempre troppo rapidamente. C’è spesso un metamessaggio nelle cose che dice. Questo suo spiegare, tra il “mi han voluto dire che” e il “non vorrei” . Per esempio, credo di aver capito che, adesso, stia facendo l’agente segreto per qualche paese straniero e non vuole essere spiato. Secondo me cavalli e gatti al monte, di cui parla sempre,  sono una copertura. Anche il libro che mi ha dato deve aver un significato ma, fra tutto ciò che ci siamo detti, il concetto che risuona di più nelle mie orecchie rodendomi come un tarlo è la frase “la Rivoluzione era una cosa da leggere” …sarà sarcasmo o profonda saggezza?
[diego c. de la vega]

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