Confesso di essere un conclamato ipocondriaco. A venticinque anni ho avuto l’ernia iatale e a ventisei un restringimento coronarico, o meglio, ne soffriva mio zio e, siccome lo vedevo tutte le domeniche, ascoltando i suoi sintomi ne soffrii in ugual misura. Quando mia sorella rimase incinta condivisi con lei litri di acqua e citrosodina per contrastare le nausee serali. Però, poi, io non ho partorito. Molti anni fa, pensando di aver bisogno di un trapianto cardiaco (a ventisette anni n.d.a.) mi sottoposi preventivamente alla peggior prova: elettrocardiogramma da sforzo con ventilazione obbligata di aria fredda. In pratica ti fanno pedalare su una cyclette mentre, con un boccaglio tipo sub, ti inalano aria che esce da un freezer a -17 gradi centigradi. O muori o sopravvivi, nel secondo caso vuol anche dire che stai bene. Spaventoso! Attenzione. Lo spavento peggiore non fu la prova di per sé, il fatto grave derivò dal colloquio preventivo dei medici, intorno a me, mentre mi scaldavo disinvolto con le prime pedalate:
– E questo quanti anni ha?
– Ventisette, cosa ne dici, a quanto lo portiamo ?
– Facciamo al 70, 75 per cento?
– Di più, così giovane regge bene dai, calcola sino all’85%, questo ce la fa.
– Scusi – chiesi io mentre pedalavo – 85 per cento di cosa?
– Ah! Non si preoccupi, è un calcolo teorico delle pulsazioni massime che può raggiungere il suo cuore, abbiamo delle tabelle, se ci fosse qualche anomalia ce ne accorgiamo subito, e comunque vede – mi indicò un lettino – abbiamo anche il defibrillatore pronto, nel caso lo usiamo…
Pedalai per mezz’ora, durante tutto il tempo m’immaginai steso sul tavolo operatorio di qualche clinica francese (ovviamente ho sfiducia-sanitaria per il mio paese) mentre un allievo di Barnard cercava, novello Frankenstein, disperatamente di rianimarmi urlando la parola che nessuno vorrebbe sentir mai dire: Libera! Come andò a finire? Non sono morto per l’elettrocardiogramma ma ho rischiato di morire per il panico. Terminato il tutto arrivò il Cardiologo-Capo che, con criptici foglietti in mano, mi guardò e disse:
– De la Vega, le assicuro, lei dalle orecchie in giù non ha assolutamente nulla.
– Come dalle orecchie in giù? Dottore, cosa vuol dire?
– De la Vega vada, si rivesta e vada.
Immaginai, pertanto, che “dalle orecchie in su” avesse scorto le tracce di qualche pericoloso male cerebrale visibile, chissà come, con un elettrocardiogramma. Svenni e fui rianimato a schiaffi ma non dormii per molte notti al pensiero. Da allora ho smesso di aver paura delle malattie, non prendo più nemmeno i farmaci per il raffreddore. Ora mi basta guardare le scatole e leggere i foglietti illustrativi, al capitolo sugli effetti terapeutici, per stare subito meglio. Ad esempio, se ho il raffreddore guardo la scatola di Aspirina, se ho mal di testa fisso intensamente quella degli analgesici e via così. La cosa stupefacente è che funziona davvero! Allora il mio pensiero corre all’omeopatia. Siccome credo non via sia dubbio che i “rimedi omeopatici” siano “acqua”, vorrei invitare tutti i ferventi pasdaran dell’omeopatia a provare il mio metodo di assunzione-osservazione. Si ottengono, così, più benefici: non ti intossichi, ugualmente all’omeopatia, ma spendi meno! Soldi, commercio e buona fede, la solita storia. Già, non costano mica poco i diluitissimi rimedi omeopatici, se pensi che sono fatti di acqua e zucchero. Sì, perché il vero scandalo, in una civiltà evoluta, non è che venga permessa la “stregoneria” e che ognuno creda e ingerisca ciò che preferisce per curarsi, ma che alla stessa stregoneria venga permesso di farsi pagare a peso d’oro utilizzando ignoranza e buona fede! Eppure Wanna Marchi è stata condannata… [Diego C. de la Vega]